Buongiorno,
questo blog nasce dall’esigenza di archiviare e rendere disponibili informazioni, pensieri e idee (elaborate o semplicemente riportate), acquisite durante uno studio sulla filosofia zen. Considerandolo, più che una guida, una raccolta di nozioni che partendo dallo zen ne vanno oltre.
Durante il lavoro di ricerca, infatti, ho riscontrato moltissime analogie tra i concetti espressi dai vari insegnamenti spirituali e le principali scoperte in campo scientifico.
La nostra mente, invero, per snellire il lavoro di calcolo sull’enorme quantità di stimoli, provenienti sia dall’interno sia dall’esterno, sfrutta dei percorsi prestabiliti a basso dispendio energetico e di maggiore velocità di esecuzione. Tali scorciatoie, fondamentali per reagire nell’immediato alle varie situazioni, molto spesso, ci portano a conclusioni che vanno a discapito della precisione, dandoci una proiezione approssimativa e irrazionale di come in realtà le cose stanno.
I contenuti qui riportati, spero siano utili a dare uno stimolo al pensiero, lasciando ovviamente libera la facoltà di trarre le proprie conclusioni in maniera assolutamente indipendente e soggettiva.
“Un lungo viaggio, inizia sempre con il primo passo…..”
(proverbio zen).

giovedì 16 giugno 2011

C’E’ CHI GUARDANDO LA LUNA LA INDICA CON IL DITO, E CHI GUARDA IL DITO CHE LA INDICA!

Il cervello ha degli schemi mentali, “i concetti”, che sono destinati ad accogliere e ordinare le percezioni.

I concetti hanno varie caratteristiche: possono essere variabili, hanno la capacità di essere inclusi o contenere a loro volta altri schemi, si differenziano per il grado di astrattezza e, infine, riproducono idee generali del mondo.

I concetti sono una serie di conoscenze organizzate di situazioni, eventi o oggetti che costituiscono la nostra rappresentazione interiorizzata della realtà.

Gli schemi mentali, i concetti appunto, aiutano il cervello a elaborare e snellire le informazioni raccolte dalla percezione, fornendogli, sulla base di dati precedentemente rilevati, un campo di probabilità in cui comparare gli elementi disponibili.

I concetti riducono la complessità di elaborazione del mondo esterno, e forniscono proiezioni su ciò che probabilmente ci si presenterà.

Il cervello riflette sull’esterno, in base ad un modello interno in precedenza creato e ritenuto affidabile.

Uno degli esempi classici usati per chiarire la modalità operativa è quello del rimettere in ordine una stanza.

Il fatto che sia possibile eseguire quest’operazione, significa che il cervello attinge a un modello di stanza ordinata standard cui fare riferimento, ed in base al quale, pilotare le azioni ogni volta e a ogni qualsivoglia stanza.

Allo stesso modo, sappiamo che la nostra percezione di un volto dipende dai volti che abbiamo visto in precedenza, dallo stereotipo creato in base all’adattamento.

Esperimenti compiuti su campioni presi a caso, hanno dimostrato che, dopo avere visto volti maschili, una faccia androgina apparirà come quella di una donna; la stessa faccia però sembrerà quella di un uomo se osservata dopo aver guardato volti femminili. Se compare un volto brutto, dopo una serie di volti molto belli, questo apparirà più brutto del dovuto.

Teniamo conto ora dei continui stimoli cui siamo sottoposti quotidianamente dai mass-media (televisione, riviste e il web). Passando molte ore sotto questa incessante sequela di impulsi, siamo esposti ad un ventaglio di personalità, facce e fisicità assai differenti da quelle con cui ci confrontiamo tutti i giorni.

Persone di primo piano, figure di spicco: intelligenti e intriganti, belli e di successo, oppure ricchi e raffinati seduttori; tutti modelli difficilmente raggiungibili.

L’esposizione prolungata a questa sorta di realtà parallela, distaccata dal contesto in cui noi viviamo quotidianamente, può portarci inconsciamente a degli scorretti confronti.

Paragoni che possono fuorviare, in particolari contesti, il nostro metro di giudizio, dandoci una sensazione di inadeguatezza e insoddisfazione personale, facendo apparire egualmente inadeguati e banali le nostre mogli, i nostri mariti e la cerchia di persone che compongono i nostri affetti.


Informazioni scientifiche tratte da: "Come funziona la mente" di Steven Pinker (Mondadori) e "Il colore della luna" di Paola Bressan (Laterza editori).

martedì 7 giugno 2011

"Quando hai terminato il pranzo... lava la tua scodella!"

Un giorno un uomo chiese al maestro Ikkyù:
"Maestro, vuoi annotarmi alcune delle regole fondamentali della suprema saggezza?"
Ikkyù afferrò subito la carta e pennello e scrisse: "Attenzione".
"E' tutto?" disse l'uomo "non vuoi aggiungere qualche altra cosa?"
Al che Ikkyù scrisse:"Attenzione. Attenzione".
"Beh," disse l'uomo abbastanza irritato, "non vedo davvero molto di profondo o di ingegnoso in ciò che hai appena aggiunto."
Allora Ikkyù prese il pennello e scrisse: "Attenzione, attenzione, attenzione".

La psicologia cognitiva ci insegna che, il concentrare le nostre energie su quello che si sta facendo, nel preciso istante in cui lo si compie, risulta essere assai più conveniente in termini di economia intellettiva. Molto spesso, quando svolgiamo delle attività, la nostra attenzione è focalizzata altrove, e la nostra mente deve fere il doppio dello sforzo per raggiungere un risultato il più delle volte mediocre. Il compiere le azioni con "presenza mentale", consiste nel vivere in piena concentrazione ogni evento, l’essere consapevoli di ogni nostro movimento. Il porre l'attenzione su cosa sta accadendo e il come sta accadendo.

Proiezione mentale ed evento sono in rapporto circolare, secondo il quale la proiezione genera l'evento e l'evento verifica la proiezione.

Spesso accade che un individuo, fermamente convinto o alquanto timoroso, circa il verificarsi di eventi futuri, alteri il suo comportamento (conscio e inconscio) in modo tale da finire per causare, egli stesso, tali eventi. 

L'agire in modo attento e concentrato,  implica l'attivazione di uno stato interno che dirige e mantiene costante nel tempo il comportamento motivazionale di un individuo. Quando lavori … lavora! Quando riposi … riposa! Quando ami … Ama! Focalizzare le energie per raggiungere uno scopo in modo ergonomico  (migliorare la soddisfazione dell’utente e l’insieme delle prestazioni del sistema).

La messa a fuoco di un obbiettivo, e la conseguente attenzione riposta nel non perderlo di vista, da un punto di vista psicologico, attiva tutti i fattori dinamici che spingono il comportamento di un individuo verso una data meta; secondo questa concezione ogni atto compiuto senza motivazioni rischia di fallire.

Ciò che conta non è il numero di cose che uno fa, ma l'efficacia di ogni singola azione. 

Un esempio lampante da prendere in considerazione riguardo l’importanza dell’attenzione è quello del predatore, che, per attaccare animali in branchi, ne prende di mira uno, seguendo la strategia che dice: non cambiare preda, perché daresti il tempo di tirare il fiato a tutti tranne che a te stesso. Quando gli zoologi, in Kenya, cercarono di rendere le loro raccolte di dati più facili colorando in base a un codice le corna degli gnu, dopo averli addormentati, scoprirono che, per quanto si preoccupassero di far recuperare all’animale marchiato tutte le sue energie prima di reintrodurlo nel branco, nel giro di un giorno o poco più veniva ucciso dalle iene. Una spiegazione, è che il colore del marchio rendeva più facile alle iene individuare lo gnu e dargli la caccia fino a sfinirlo. Sulle strisce delle zebre si è avanzata di recente l’ipotesi che, piuttosto che servire a mimetizzarle nell’alta vegetazione striata,( una spiegazione che ha sempre sollevato dei dubbi), esse trasformino le zebre in un gioco delle tre tavolette vivente, confondendo leoni e altri predatori quando cercano di concentrare la loro attenzione su una singola zebra.

giovedì 2 giugno 2011

Se tutto è vuoto... Dove mai potrà posarsi la polvere?

In fisica quantistica, il vuoto è in realtà pieno di attività. In virtù dell’”indeterminazione”(principio quantistico che permette all’energia di manifestarsi spontaneamente dal nulla, nonché di scomparire con altrettanta rapidità), le particelle vengono continuamente prodotte per poi subito svanire. Giacché la materia è una forma di energia, le particelle possono apparire brevemente dal nulla, cosicché il cosiddetto “SPAZIO VUOTO” deve essere considerato come un continuo, incessante ribollire di particelle ( più precisamente, coppie di particelle/anti-particelle) che esistono, in tutto e per tutto, prima di scomparire nuovamente.

John Gribbon “Q come quanto” macroedizioni.

Nel guardare le merci esposte in vendita al mercato, Diogene esclamava: "Di quante cose non ho bisogno!"

Nei giorni nostri, si percepisce una profonda mancanza di eleganza e di sobrietà. In ogni istante siamo incoraggiati all’apparenza e all’esibizionismo. Siamo vittime più o meno consapevoli del culto dello strafare e dello stradire, dove lo imitare modelli indotti, è divenuto quasi un obbligo. Accade, dunque, che ci sorprendiamo per le strade della nostra città, carichi di narcisismo e di vanità, nella goffa ricerca di un ulteriore gadget da aggiungere alla lista.

L’eleganza è equilibrio. Una sorta di armonia che si va a creare tra stile, semplicità e buon gusto. Nella ricerca misurata dell’adeguatezza, nella giusta attenzione al non cadere nell’esagerato, nell’estremo o nel provocatorio. Eleganza significa alleggerire, semplificare, astenersi dal troppo e dall’inutile.

L’eleganza si percepisce nei modi di fare, nei gesti, negli atteggiamenti e nel modo di esprimersi.

L’eleganza non è un elenco di pratiche di comportamento, non è uno sterile galateo. Eleganza è innanzi tutto cordialità, rispetto e considerazione. L’accortezza al non sfociare nell’offensivo o nell’insolente, nel saper affrontare le situazioni con calma grandezza.

Eleganza è saper ridere insieme agli altri con piacere, e all’occorrenza, saper ridere anche di se stessi con egual gradimento.

In questa fase di bulimia consumistica, dove il superfluo è diventato indispensabile, la tendenza è quella di cercare sicurezza contornandosi di accessori. Prodotti, che ci richiedono sempre una maggiore attenzione, e di conseguenza, ci sottraggono sempre più tempo. Credo che sia importante capire che oltre all’eleganza, si debba avere la capacità di recuperare anche un po’ di sobrietà.

Uno stile di vita sobrio, non necessita della rinuncia incondizionata a tutto, non richiede eroici sforzi, si tratta solo di assecondare i propri istinti con moderazione. La rinuncia al superfluo può riservare piacevoli sorprese. La diminuzione del carico formato dalle cose inutili che ogni giorno ci troviamo ad affrontare, lascia maggiore spazio da dedicare a noi stessi, con i relativi benefici.

Eleganza e sobrietà sono due concetti che contestualizzati nella vita di ogni giorno possono rendere lo stare insieme assai più gradevole e meno complicato, rendendo insignificanti le differenze culturali che una società multietnica inevitabilmente si trova ad affrontare.