Buongiorno,
questo blog nasce dall’esigenza di archiviare e rendere disponibili informazioni, pensieri e idee (elaborate o semplicemente riportate), acquisite durante uno studio sulla filosofia zen. Considerandolo, più che una guida, una raccolta di nozioni che partendo dallo zen ne vanno oltre.
Durante il lavoro di ricerca, infatti, ho riscontrato moltissime analogie tra i concetti espressi dai vari insegnamenti spirituali e le principali scoperte in campo scientifico.
La nostra mente, invero, per snellire il lavoro di calcolo sull’enorme quantità di stimoli, provenienti sia dall’interno sia dall’esterno, sfrutta dei percorsi prestabiliti a basso dispendio energetico e di maggiore velocità di esecuzione. Tali scorciatoie, fondamentali per reagire nell’immediato alle varie situazioni, molto spesso, ci portano a conclusioni che vanno a discapito della precisione, dandoci una proiezione approssimativa e irrazionale di come in realtà le cose stanno.
I contenuti qui riportati, spero siano utili a dare uno stimolo al pensiero, lasciando ovviamente libera la facoltà di trarre le proprie conclusioni in maniera assolutamente indipendente e soggettiva.
“Un lungo viaggio, inizia sempre con il primo passo…..”
(proverbio zen).

lunedì 17 ottobre 2011

"POICHE' IL TEMPO TRASCORRE NELLA MUTABILITA', NON PUO' ESSERE COETERNO ALL'ENTITA' IMMUTABILE"... S. Agostino.

Il Tempo, si muove in una sola direzione dando vita a un presente in costante cambiamento? Il passato esiste ancora? Se si, dov'è finito? Il futuro è già determinato, anche se non lo conosciamo?.
Può sembrare strano, ma la fisica classica ha sempre cercato di evitare queste domande, lasciando, piuttosto, l’arduo compito ai filosofi. Il motivo è probabilmente dato dalla schiacciante autorevolezza di Newton ed Einstein per il modo con cui hanno plasmato lo spazio, il tempo ed il moto.

Entrambi hanno costruito modelli dell'universo di straordinaria chiarezza, ma poi, una volta fatta la struttura, non si sono preoccupati eccessivamente delle fondamenta; e questo lascia spazio a potenziali confusioni.
Senza alcun dubbio, le loro teorie sono piene di grandi verità, ma entrambe danno il tempo come qualcosa di scontato: è un mattone al pari dello spazio, un elemento primario. Einstein lo ha addirittura fuso con lo spazio, per creare uno “spazio-tempo” a quattro dimensioni; infatti una delle grandi rivoluzioni della fisica moderna:“la relatività”, è completamente imperniata sul “Tempo”.


 Lo “spazio-tempo” è quindi un concetto fisico che combina le nostre classiche nozioni tradizionalmente distinte in “spazio” e in “tempo” in un solo concetto unico e omogeneo. Così come nella nostra visione classica dello spazio le sue tre dimensioni componenti (avanti-dietro, destra-sinistra e alto-basso) sono equivalenti e omogenee fra loro e relative all'osservatore (ciò che viene considerato avanti o dietro da un osservatore può essere considerato destra o sinistra da un altro osservatore disposto diversamente), la visione relativistica assimila anche la dimensione temporale (prima-dopo) alle tre dimensioni spaziali, rendendola percepibile in modo diverso da osservatori in condizioni differenti.

I punti dello “spazio-tempo” sono detti eventi, e ciascuno di essi, corrisponde ad un fenomeno che si verifica in una certa posizione spaziale e in un certo momento. Ogni evento è perciò individuato da quattro coordinate.

 Con l'assenza di un tempo assoluto, anche il concetto di “contemporaneità” è stato modificato dall'avvento della relatività: si può definire al suo posto “l’altrove assoluto”, cioè l'insieme degli eventi che non appartengono né al futuro né al passato, al di fuori cioè del “cono di luce”

.Il “cono di luce” è una delle strutture fondamentali dello spazio-tempo. Esso è l' insieme di due coni aperti alla base, uniti con continuità nel vertice e orientati in senso opposto. Un cono, segnala tutto ciò che è nel passato causale dell' evento,  nei vertici congiunti risiede il presente, mentre l' altro indica la regione dello spazio-tempo che è raggiungibile nel suo futuro. Ogni punto/evento ha il suo cono di luce e quindi, poiché in natura tutto evolve localmente dal passato al futuro, la storia temporale di ogni corpo è descritta da una linea (la linea-universo) che si estende sempre dal passato al futuro, rimanendo all' interno dei coni di luce. I bordi dei coni sono percorribili solo dalla luce, che quindi ne rappresenta i limiti.

Ecco un esempio. La stella Alfa  Centauri è posta a 4,3 anni luce dalla terra; ciò significa che, se invia al momento presente un raggio di luce nella nostra direzione, lo si vedrà solo fra 4,3 anni, e se noi inviamo un raggio di luce verso Alfa Centauri, essa attenderà 4,3 anni prima di vederlo. Se per ipotesi io fossi fidanzato con una ragazza di Alfa Centauri, e venissi a sapere che essa si sposerà tra 10 anni con un altro, io potrei raggiungere l'astro e mandare a monte le nozze, perché viaggiando alla velocità della luce ci metterei "solo" 4,3 anni; potrei farcela anche viaggiando su un razzo che si avvicini alla fatidica velocità “c”(in fisica si rappresenta in questo modo la velocità della luce) pur senza raggiungerla. Se invece lo sciagurato matrimonio avvenisse tra soli 4,3 anni, l'unico modo che avrei a disposizione per non perdere la morosa, è quello di puntare un raggio Laser super-collimato contro la prima stella del Centauro, ed usarlo per incenerire il mio rivale d'amore proprio davanti all'altare, perché solo la luce può percorrere 4,3 anni luce in 4,3 anni. Ma io, non potrei fare nulla se le nozze avvenissero solo tra 2 anni, perché neppure la luce sarebbe abbastanza veloce per coprire la distanza in così breve tempo, ed Einstein, mi proibisce di andare più svelto.

 Quell'evento é fuori dalla mia portata perché é anche fuori dalla portata della luce.



Per ogni evento dello spazio-tempo possiamo costruire un cono di luce. Ogni linea di universo che attraversa l'interno del cono senza mai fuoriuscirne è permessa ad oggetti dotati di massa; le linee di universo contenute interamente nella superficie laterale del cono sono permesse ai soli raggi di luce, ma proibite per noi; le linee di universo che si trovano al di fuori del cono sono proibite per tutti. Poiché (secondo postulato di Einstein) la velocità della luce è la stessa per ogni osservatore, tutti i coni di luce saranno identici e puntati nella stessa direzione. Il passato, il futuro e il cono di luce sono detti “invarianti dello spazio-tempo”, perché non cambiano qualunque sia il sistema di riferimento adottato.

Le difficoltà nella comprensione della “teoria della relatività” si manifestano nella formulazione di alcuni concetti che portano a conseguenze lontane dal senso comune, se non addirittura contraddittorie (da qui il nome "paradossi").

Alcuni paradossi, in realtà, non sono veramente tali dal punto di vista logico (ovvero non sono vere e proprie contraddizioni), ma sono soltanto delle previsioni fatte dalla teoria che risultano lontane dalla quotidiana esperienza della realtà, e quindi sono difficili da spiegare al di fuori di un ambito scientifico rigoroso.

Alcune delle osservazioni in questione sono:

Nessun corpo dotato di massa può assumere velocità uguali o superiori a “c” (velocità della luce). Un corpo può essere accelerato in tempo finito solo ad una frazione della velocità della luce minore di 1. I corpi senza massa materiale, come i fotoni stessi, viaggiano sin dalla loro emissione alla velocità della luce.

La contrazione delle lunghezze, in relazione alla velocità, non deve essere vista come se il metro variasse la sua dimensione o come se l'orologio segnasse un tempo diverso. Le misure infatti saranno differenti solo se effettuate da un altro osservatore in moto relativo: la lunghezza del proprio metro e la durata del proprio minuto è la stessa per tutti gli osservatori. C'è da specificare, inoltre, che il restringimento della lunghezza secondo la teoria della relatività ristretta avviene soltanto nella direzione di avanzamento, e sia lo scorrere più lento del tempo, sia il restringimento dello spazio, si verificano contemporaneamente.

La teoria, ammette questi effetti come conseguenza della peculiarità di “c” e del moto relativo, e quindi come conseguenza del nostro modo di guardare le cose. La lunghezza propria è la più grande fra tutte le lunghezze relative ai punti di vista, ma non per questo è più reale delle altre. Sarebbe come notare che più lontani siamo da un oggetto e più piccolo questo ci sembra: niente ci può dire se l'oggetto si rimpicciolisce veramente o se sia un effetto della distanza. Non ha quindi senso domandarsi se si tratti di un fenomeno reale o apparente. Inoltre la persona che ipoteticamente sperimentasse la contrazione dello spazio, non avrebbe la sensazione di sentirsi ristretta, in quanto il suo sistema di misurazione rimarrebbe lo stesso (Il suo metro sarebbe sempre lungo 1 metro, il centimetro uguale etc..).

A tale proposito, Einstein suggerì l'ormai famoso "paradosso dei gemelli" (anche se in realtà non si tratta di un "paradosso", in quanto viene spiegato completamente nel contesto dei due postulati della teoria della Relatività Ristretta). Ci sono due gemelli, inizialmente nello stesso posto e dotati di due orologi uguali, sincronizzati. Uno dei due gemelli rimane a Terra, mentre l'altro parte per un viaggio interstellare a bordo di un'astronave, la cui velocità, molto elevata, raggiunge l'80% di quella della luce. Al suo ritorno a Terra, l'orologio del gemello astronauta segna che son trascorsi 30 anni (di tempo "proprio") dalla partenza, mentre quello del suo gemello, rimasto a Terra, ne segnerà ben 50 dalla partenza dell'astronave.

Poiché nel veicolo spaziale, in movimento ad altissima velocità, tutti i fenomeni scorrono più lentamente, nell'ipotesi che gli orologi biologici (ad esempio, le pulsazioni ritmiche del cuore, i battiti del polso) si comportino come gli ordinari segnatempo, anche l'invecchiamento avverrà con un ritmo più lento. In altri termini, dopo avere fatto questo viaggio a velocità elevatissime, ritornando sulla Terra, l'astronauta ritroverà il fratello gemello più vecchio di lui di ben 20 anni!

 L'aspetto che forse può sembrare paradossale nella storia dei due gemelli è l'apparente simmetria del sistema: scegliendo l'astronave come sistema di riferimento, è il pianeta Terra che si allontana o si avvicina a velocità prossime a quelle della luce. Dunque perché alla fine del viaggio c'è una differenza tra i tempi misurati dai due gemelli? La soluzione è molto semplice: i due sistemi di riferimento: la Terra e l'astronave, non sono equivalenti. L'astronave deve infatti subire forti accelerazioni e decelerazioni rispetto alla Terra, che, in prima approssimazione possiamo assumere come un sistema di riferimento ``inerziale”(ovvero un sistema di riferimento che non subisce accelerazioni).

 Le cause di questo rallentamento, per dirla nel modo più semplice possibile, sono da imputare al fatto che, quando il gemello astronauta si volta a guardare la Terra, non la vede come è in quell’istante, bensì come era qualche tempo prima, allorché la luce ha lasciato il pianeta. Il tempo impiegato dalla luce per percorrere la distanza tra la Terra e l’astronave andrà regolarmente aumentando a mano a mano che la navicella si allontana nello spazio. Di conseguenza, egli vedrà gli eventi terrestri con sempre maggior ritardo, dal momento che la luce deve coprire una distanza via via crescente fra la Terra e l’astronave. Dopo un’ora di volo, (misurata dall’astronauta), la navicella si è allontanata 0,8 ore luce (48 minuti luce), quindi vede ciò che è accaduto sulla Terra 48 minuti prima, essendo questo il tempo (misurato nel sistema di riferimento terrestre) necessario perché la luce (che porta le immagini), possa raggiungerlo a questo punto del viaggio.



Proviamo a chiarire meglio le cose, (accantonando la nostra riluttanza per un attimo), e concentriamoci nel tentativo di paragonare la percezione del tempo a quella del colore, assumendo che il tempo sia solo un modo di percepire alcune cose che ci succedono attorno.
Come non esiste in realtà ciò che noi definiamo “colore” senza il nostro occhio per recepirlo, così un istante, un’ora, un giorno, sono indistinguibili senza gli avvenimenti che li caratterizzano; quindi, come riusciamo ad identificare lo “spazio” in un possibile ordine di oggetti materiali, così il “tempo” è identificabile come un possibile ordine di avvenimenti.
Einstein spiegava la soggettività del tempo con queste parole: “le esperienze di un individuo ci appaiono ordinate in una serie di singoli avvenimenti, che Noi ricordiamo apparire ordinati secondo il criterio di anteriore e posteriore. Esiste quindi per l’individuo un tempo suo proprio soggettivo che in se stesso non è misurabile”.


Il giorno è scandito dall'alternanza della luce e del buio; le stagioni registrano i cambiamenti ciclici della natura; l'arco della vita umana è scandito dai cambiamenti somatici, così come la storia di una civiltà è scandita da cambiamenti demografici, politici, economici.

La determinazione di un inizio e di una fine, di una discontinuità, sembra essere alla base della misurazione vera e propria non solo spaziale, ma anche temporale. L' inizio della giornata, la fine dell'anno, le unità di tempo, il calendario: punti fermi che interrompono la continuità, introducono il concetto di fine.

La concezione del tempo ha portato in epoca moderna, seguendo il filo della misurazione del tempo, alla ricerca di un tempo “oggettivo”, cioè non legato al punto di vista degli osservatori e, anche se la teoria della relatività ha modificato questa prospettiva nel senso che non si fa più riferimento ad un tempo assoluto, gli orologi hanno continuato a usare gli stessi principi, a usare i moti ciclici. L' oscillazione del pendolo si basa su un principio che sostanzialmente è simile all'oscillazione dell'atomo di cesio e gli strumenti moderni inseguono un tempo assoluto, sempre più preciso, basato su cicli perfettamente regolari che non introducano errori nella misurazione del tempo.



Cerchiamo di ancorare questi concetti, legati al tempo, al funzionamento del sistema nervoso; cioè tentiamo di ritrovare questi concetti all'interno della psicologia cognitiva.



Si pensa che esista una sorta di orologio biologico, situato nell'ipotalamo, che dà il tempo e mette in sincronia i bioritmi dell'organismo che vengono divisi in circadiano, ultradiano, infradiano, a seconda che abbiano una durata uguale, minore, maggiore del giorno. Infatti la maggior parte delle funzioni somatiche non debbono avere un ciclo regolare, perché altrimenti non riusciremmo ad adattarci alle situazioni diverse che si verificano nell'arco della giornata, nell'arco della vita. Il battito cardiaco, a esempio, non può essere regolare. Nel caso in cui sia richiesta un'attività maggiore, il battito cardiaco deve accelerare perché altrimenti questa attività non sarebbe sostenuta a livello di circolazione.



Il tempo, legato al movimento, generalmente scorre più rapido in attività. Fattori che influenzano il livello di attività sono le stagioni: il risveglio della primavera; il "seasonal affective disorder" che è una forma di depressione legata all'autunno, all'inverno, al buio in cui c'è una diminuzione dell'attivazione.

Con le stagioni siamo nel tempo come “cambiamento”.

Le stagioni registrano i cambiamenti ciclici della natura e regolano l'organizzazione dell'attività umana a essa collegata. L 'arco della vita è scandito da cambiamenti che danno la cronologia degli eventi. Il prima e il dopo, cioè la sequenza temporale sono generalmente basati sul cambiamento. Così una fotografia dell'album fotografico si riesce a collocare temporalmente in base al cambiamento, cioè in relazione a un prima e a un dopo, sulla base dei cambiamenti che sono avvenuti.

La mente umana, però, è riuscita a fermare l'attimo fuggente, cioè ha creato quello che noi chiamiamo il presente che sottrae, per una frazione di tempo più o meno lunga, la realtà al divenire continuo.

Come nasce il presente nella mente umana?

Si pensa che il presente sia legato alla rappresentazione della realtà. La memoria di lavoro del cervello fa una rappresentazione (di tipo visivo o uditivo) che è in grado di mantenere per un tempo più o meno lungo. Esempio della memoria di lavoro è una frase ascoltata distrattamente che continua a ruotare nella mente per un certo periodo di tempo. La memoria di lavoro fa una sorta di "analisi" e costruisce repliche della realtà. Però, la frammentazione che la mente opera non porta un'immagine frammentata, perché l'immagine precedente si fonde con quella successiva, dando la sensazione di un andamento continuo. Come avviene per i fotogrammi dei film abbiamo l'impressione di un continuo, mentre la nostra mente fa una serie di campionature della realtà.

In genere nei periodi di grande cambiamento la percezione del tempo è accelerata, mentre nelle situazioni monotone si ha la sensazione che il tempo non passi mai.

Il presente permette di identificare un prima e un dopo; il prima e il dopo non sono rilevanti solo per quanto riguarda l'aspetto delle immagini ma anche per il pensiero logico. Infatti la sequenza temporale è anche una simbologia logica in cui la causa precede l'effetto. La freccia del tempo va in una direzione.

L' ultima accezione di tempo, riguarda il tempo come “progressione” verso uno stato finale.

Anche se taluni eventi sono apparentemente reversibili, il divenire è irreversibile e molte volte il suo esito è anche prevedibile.

Il nostro sistema nervoso è in grado di rappresentare nel presente eventi presenti, percezioni, ciò che noi vediamo momento per momento; il passato con i ricordi, ed anche gli eventi futuri, cioè le nostre previsioni.

L'insieme delle rappresentazioni ci dà la storia dall'inizio e alla fine; ci fa conoscere talvolta la fine ancora prima che sia avvenuta e, dato che noi la vediamo, è come se questa fosse già presente. Invita a pensare a un immagine longitudinale con cui la persona riesce a vedere passato, presente e futuro in un continuum. Questa funzione sintetica che permette di aver presente tutto il corso della vita, potrebbe essere alla base di quella che viene chiamata "memoria autobiografica" che dà il senso di identità della persona.

Il senso d'identità di una persona permette di mantenere un continuum tra le fasi della vita, anche quando l'immagine fisica muta drammaticamente e poco resta dei materiali somatici di anni prima. Mentre il corpo diviene col trascorrere del tempo, l'identità può rimanere immutata almeno nei suoi tratti fondamentali.



Dallo studio delle emozioni, cioè all'effetto esercitato dalle emozioni sulla costruzione del tempo, è emerso che le varie emozioni hanno una espressione comportamentale, ossia si esprimono a livello di comportamento, in maniera completamente diversa. Alcune emozioni si collocano su un polo statico: in particolare il dolore e la tristezza, sul versante negativo e il piacere sul versante positivo. Mentre altre emozioni come la rabbia e la gioia si collocano sul polo dinamico.



Le immagini che troviamo più spesso collegate alla tristezza sono quelle della immobilità, del vuoto, della morte. Mentre nelle immagini legate alla gioia, troviamo l'attività, la socialità, la nascita. Alcune emozioni, quindi, sono connesse a rappresentazioni dinamiche, come la gioia, altre a rappresentazioni statiche, come le due già citate, invece il piacere, viene generalmente associato alla contemplazione e al riposo.

Le varie emozioni, in quanto legate a una diversa rapidità dell'azione, sembrano modificare sensibilmente la percezione del tempo: ad esempio il piacere, il dolore e la tristezza, come già detto, sono statiche sia in termini comportamentali che immaginativi, mentre la rabbia e la gioia sono dinamiche: nelle prime la percezione del tempo è in genere rallentata, nelle seconde è accelerata.

In conclusione, dato certo dell'esperienza è che tutto ciò che interessi i nostri sensi è materia, ovvero trasformazione di materia, visto che tutti gli oggetti materiali si modificano. Alcuni impiegano tempi brevi, altri in modo lento; ma tutti sono destinati a trasformarsi. La materia “è, e diviene”(ossia assume altra forma). L'ovvietà di questa affermazione non tragga in inganno: essa sottende una contraddizione, perché l'essere di un oggetto è certificato dalla sua identità (nel tempo), ovvero dal suo permanente esistere; il divenire, invece, presuppone la trasformazione, ovvero la diversità (della forma), per cui impone un "prima" e un "dopo", vale a dire un “intervallo  tempo". Il tempo "origina" dalla trasformazione della materia. La percezione del "tempo" è la presa di coscienza che la realtà di cui siamo parte si è materialmente modificata.



Bibliografia: maggior parte delle informazioni riportate sono state prese da siti liberi di divulgazione scientifica sotto licenza “Creative Commons CC-BY-SA” pertanto il contenuto può essere liberamente riutilizzato e adattato in quanto ritenuto di libero dominio.
"La percezione del tempo" Dr.ssa Stefania Borgo - coordinatore Dr.ssa Maria Antonia Ferrante- Dr.ssa Antonella Giordani. L’immagine del cono di luce è presa da “solo-lost.net”.

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