Il concetto di “autorealizzazione”, viene definito da Jung come un impulso interno all’io per realizzare, soddisfare e migliorare le proprie potenzialità umane. Il termine viene anche definito come: “la tendenza innata a sviluppare al massimo i propri talenti e possibilità, che contribuiscono ad ottenere un sentimento di soddisfazione verso sé stesso da parte dell’individuo”. La realizzazione personale esprime le scelte fondamentali della persona, l’indirizzo della propria esistenza verso le principali finalità che formano il suo progetto di vita.
La ricerca della perfezione (progresso personale) consiste nel proporsi delle mete, e nell’atteggiamento di continuo superamento quotidiano: ogni giorno di più, oggi meglio di ieri.
Ma questa perfezione, non è già compiuta fin dalla nascita, non è assoluta per il solo fatto di essere uomo, né è realizzata dall’inizio della vita.E’ si perfezione, ma una perfezione relativa e non pienamente finita, e in quanto relativa, non è realizzata totalmente: è una perfezione a rischio, vulnerabile e imperfetta. Ciò vuol dire che la perfezione umana è “perfezione perfezionabile”.
Il bisogno di superamento: l’andare avanti, come principio antropologico fondamentale e proprio ad ogni essere umano, sta alla base del processo di autorealizzazione della persona.
Sul dizionario, la perfezione, viene definita come: “stato di completezza e ineccepibilità”. E il verbo perfezionare, a sua volta, viene definito come: “Finire un opera per intero, nel massimo grado di bontà o eccellenza”. Il concetto di perfezionismo si definisce come: “la tendenza a migliorare indefinitamente un lavoro senza decidersi a considerarlo mai finito”.
Questa tendenza, arriva a essere un autentico ostacolo al conseguimento della realizzazione personale. Infatti, il perfezionismo, senza entrare nelle numerose definizioni cliniche che lo descrivono, è associato a uno stato di malessere o di sofferenza personale, che rende significativamente difficile la vita quotidiana delle persone che patiscono questo disturbo.Il perfezionismo non è una malattia classificata nei manuali di psicologia o di psichiatria, ma è una componente di un complesso di manifestazioni comportamentali che si riscontrano, per lo più, in soggetti ossessivi.
- Concentrazione nell’evitare l’errore.
- Atteggiamento di tensione/ansietà davanti ai compiti.
- Senso di valore personale in relazione ai risultati.
- Pensiero in bianco e nero: o perfezione o fallimento.
- Credere di dover sempre spiccare tra gli altri.
- Insaziabile necessità di raggiungere gli scopi prefissati.
- Inflessibile con i suoi propositi.
- Obiettivi molto elevati e spesso irraggiungibili.
- Frequente ritardo nella realizzazione dei compiti.
- Interesse ad evitare le conseguenze negative.
- Scopi o finalità orientate all’autocompiacimento.
- Fallimento associato ad una forte autocritica.
- Paura al fallimento.
In altre parole, perfezionista, si impone di “avere e di essere”. Questo lo priva della sua libertà e lo induce a valutarsi solo ed esclusivamente in base al raggiungimento dei propri obiettivi senza porsi traguardi intermedi. Per il perfezionista non esiste “l'arte dell'accontentarsi" o dell'auto-accettarsi e conseguentemente la sua vita, tende a ridursi in base al pensiero uni-direzionale del “tutto o niente”.
Imporsi obiettivi praticamente impossibili da raggiungere non dà affatto la felicità. Al contrario, questo atteggiamento, può renderci molto infelici e comportare il rischio di risposte ansiose alle prestazioni che ci troviamo ad affrontare.In particolare, questa tensione, si viene a creare per il divario fra quello che “siamo” e quello che “vorremmo essere”.
Le persone che soffrono di questo disturbo, combattono una guerra contro se stesse e i propri sentimenti per cercare di adeguarsi a uno standard di perfezione autoimposto: le emozioni, i pensieri, gli atteggiamenti che non sono compatibili con tale modello, vengono considerati inaccettabili e relegati nell'inconscio.
Molti ansiosi sono caratterizzati dalla ricerca della perfezione, inconsciamente nutrono la convinzione di poter essere accettati dagli altri solo se brillanti, vincenti, sempre all'altezza della situazione. Dal momento, che nutrono delle aspettative irrealistiche e troppo elevate nei confronti di se stessi, si sentono costantemente inadeguati e non all'altezza.
Entro certi limiti, l’ansia è necessaria, in quanto ha un’importante funzione adattativa: a un livello minimo di ansia la prestazione è praticamente nulla; con l’aumentare dell’ansia migliora la qualità della prestazione fino ad un livello ottimale, superato il quale l’ansia influenza negativamente la performance. L’ulteriore aumento dell’ansia comporta effetti negativi sulla prestazione che decresce progressivamente fino al punto di massima ansia, che corrisponde all’impossibilità di ogni prestazione.
Benché l’ansia sia parte della natura umana e benché tutti provino ansia in varie circostanze della vita, una certa dose di ansia accompagna ogni esperienza nuova, per alcune persone questa emozione può diventare un problema, ostacolando il raggiungimento degli obiettivi personali.
Un naturale atteggiamento derivante da una simile visione della realtà è la procrastinazione, ossia rimandare al domani con lo scopo di temporeggiare o, addirittura, di non fare ciò che si dovrebbe al fine di evitare un possibile insuccesso. Ma "perfectum" in latino vuole dire "portato a termine, compiuto".
In altre parole, perché ostinarsi a essere “IL MIGLIORE” quando si può concentrare la propria energia per essere semplicemente “MIGLIORE”.
Bibliografia:
García -Villamisar, D. y Álvarez Romero, M. (2007) “La sindrome del perfezionista”
(Almuzara edizioni).
Polaino- Lorente, A. (1999): “Dignità e progresso”.
Departamento de Personalidad, Evaluación y Tratamiento Facultad de
Educación - Universidad Complutense
de Madrid